La persona che presenta pensieri fissi, incontrollabili e disturbanti, oppure che ha comportamenti ripetitivi che risultano eccessivi ed inadeguati rispetto alla realtà delle situazioni, può soffrire di un disturbo ossessivo-compulsivo.
Spesso la persona fatica a svolgere le normali attività quotidiane in quanto tende ad essere focalizzata sui propri pensieri, con conseguente diminuzione della capacità di ascoltare gli altri, concentrarsi sui compiti da svolgere, portare a termine le azioni iniziate.
La ripetitività di certi comportamenti, come ad esempio la tendenza a lavarsi spesso le mani, controllare più volte se la porta di casa è chiusa, camminare avanti ed indietro, ecc, nel tempo si trasforma in rituali rigidi ed indispensabili alla persona, annullando la possibilità di interromperli o modificarli.
I pensieri ridondanti e i comportamenti stereotipati sono espressione di un malessere sottostante e in modo disfunzionale servono per tenere sotto controllo una elevata quota ansiosa.
Galimberti definisce l’ossessione come “la condizione di chi è ostacolato dal bisogno insopprimibile di compiere determinati atti o di astenersi da altri, o è costretto a trattenersi con pensieri o idee particolari che non è in grado di evitare, ripetendo indefinitamente questo obbligo a cui non riesce a sottrarsi e di cui non riesce neppure ad appagarsi.”
Si possono distinguere quattro forme principali di ossessione:
Alcune persone che soffrono di un disturbo ossessivo-compulsivo tendono ad immaginare un mondo idealizzato, dove le relazioni interpersonali sono sempre positive e gratificanti, prive di conflittualità. Tale bisogno nasconde in realtà profondi vissuti di rabbia nei confronti di determinate situazioni o verso certe persone, pensieri ed emozioni che la persona non riesce ad accettare e tollerare, pertanto tende a rimuoverli.
La persona si incolpa di qualsiasi criticità che si presenta nelle diverse relazioni interpersonali, anche quando non ne è direttamente responsabile. Non può accettare i propri vissuti negativi e non può tollerare la rabbia e l’aggressività delle persone che lo circondano.
La rabbia rimane pertanto bloccata e repressa, e successivamente trasformata in vissuti di ansia, insoddisfazione, pensieri ossessivi e comportamenti ripetitivi.
Il percorso psicologico permette di scoprire il significato di tali modalità espressive, che va ricercato nella storia di vita della persona, nelle relazioni che ha instaurato, nelle scelte fatte. Prendere consapevolezza di ciò che nel passato o nel presente è stato motivo od è motivo di sofferenza aiuta l’individuo a riconoscere i propri bisogni e desideri, a scoprire eventuali condizionamenti, a mettere ordine nel mondo interno.
È fondamentale individuare le situazioni e le relazioni che sono motivo di rabbia, quella rabbia che il soggetto nega e rimuove, in quanto incapace di riconoscerla ed esprimerla. Comprendere che la rabbia è un’emozione normale, che va accettata e tollerata, che si può esprimere senza danneggiare sè o l’altro, permette di trovare un nuovo equilibrio psichico e di esprimere se stessi in modo spontaneo e autentico.
Dott.ssa Paola Cavallotto
Psicologa Psicoterapeuta a Saluzzo e Bra
Dott.ssa Paola Cavallotto
Psicologa Psicoterapeuta
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